mercoledì 12 maggio 2010

Questo essere sempre altrove

[Facciamo domande per necessità. Rispondiamo per sopravvivere. procediamo per tentativi ed errori. abbiamo sospeso il pensiero che esista qualcosa al di fuori di noi.]

Lei.
Nell’esatto momento in cui si rese conto che sarebbe stato meglio restare se ne era già andata. Da qualche parte. Non temere, si ripeteva. Non avere paura. Puoi crederci. Anche i sedili della sua macchina saranno abbastanza comodi. Anche nella sua dispensa ci saranno delle tisane alla rosa canina, ai frutti rossi, al tiglio, alla menta. Anche nella sua libreria ci sarà qualche libro interessante. Invece no. E continuava a non capire chi dove cosa quando. E continuava a potare le siepi e a cogliere le margherite. E a comprare degli adesivi di feltro da mettere sotto le gambe delle sedie perché non facessero rumore. E continuava a fare la raccolta differenziata ma non sapeva dove mettere il sacchetto dei biscotti perché sembrava di carta, ma forse non lo era. E continuava a guardare nella cassetta della posta mentre rientrava, ma c’erano solo delle bollette e delle pubblicità. Il suo alito odorava dello stesso odore di certe mattine d’inverno, quando il sole c’è. Ma non si vede.

Lui.
A volte avrebbe voluto morire pur di non averla accanto. A volte avrebbe voluto morire e basta. A volte avrebbe voluto trovarla attraente. Pensava alle sue rughe e alle occhiaie di chi piange in attesa come della sentenza finale. Aveva più paura di notte che di giorno. Di notte più che di giorno. Non aveva mai sognato di farle male. In nessun modo possibile. Eppure aveva dei sogni da raccontarle. Tipo quello in cui la casa enorme dei suoi genitori era un negozio di bambole antiche pieno di polvere e in giardino c’era il sole ma le piante erano tutte bagnate.

E magari mentre glielo raccontava lei non lo ascoltava nemmeno e pensava ai suoi collages, alle bottiglie vuote di ceres sul davanzale della finestra che se faceva vento potevano cadere giù, e ammazzare qualcuno. Questo essere sempre altrove. Una volta mentre lui le parlava del suo lavoro, dei suoi dubbi esistenziali, delle crisi, dei temporali e dei vuoti d'aria lei pensava a Philippe Petit, anzi fingeva di essere Philippe Petit, anzi era Philippe Petit e la striscia laterale della strada di casa sua era una corda tesa sospesa a mille metri da terra tra Firenze e qualche posto lontanissimo e se riusciva a starci in equilibrio e percorrerla tutta sarebbe riuscita una volta per tutte a scappare. Lui era stato onesto, una volta. Ma di nascosto. Lei gli aveva raccontato tantissime bugie e poi se ne era pentita, o forse no.

-Ora puoi dirmi, per favore, quanti alberi ci sono in un bosco?
-No.
-Ti prego.

Eppure li aveva contati tutti un giorno, davvero. Ma era solo. E aveva anche questo segreto.

- Mi abbandonerai?
- Non abbandonarmi.

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