venerdì 15 gennaio 2010

Silenzio

Tutti i venerdì mattina andava a fare la spesa per lui. Orzo solubile, Krumiri, broccoli, farina di castagne, un panino al latte, miele, citrosodina, acqua di rose e vino rosso da tavola. Più o meno sempre le stesse cose. Parcheggiava la macchina sotto casa sua, una palazzina costruita negli anni ’80 dietro alla centrale elettrica e vicino al mare. Apriva lo sportello, scendeva, scaricava le borse di plastica e lo richiudeva mentre i tralicci della corrente friggevano e qualche uccellino ancora vivo cantava. Dopo aver attraversato i cinque metri di vialetto di mattoncini infilava la chiave nella serratura del portone e aprendolo sentiva l’odore di minestra della vecchietta del secondo piano e la voce di Luca Giurato a tutto volume, un volume talmente alto come solo le persone quasi sorde possono sopportare. E lui era quasi sordo, aveva 88 anni ed era quasi solo al mondo, tutte le mattine guardava Uno Mattina e le giornate non passavano mai ma il venerdì era un giorno felice, perché lei arrivava verso le 10 con le borse della spesa, preparava una tazza di carcadè e si sedeva sulla sua poltrona a dondolo a sorseggiarlo. Il dialogo tra loro era più o meno come la spesa, sempre uguale. –come stai? –eh? –come stai? –ah, bene, si va avanti… -hai bisogno che ti prenda qualcosa di particolare al supermercato o in farmacia? –come? –dicevo,… hai bisogno di qualcosa in particolare? –sì … -di cosa? –la farina di castagne, mi servirebbe la farina di castagne.
La dispensa era piena di farina di castagne, ma anche se gli avesse detto –guarda, che la dispensa è piena di farina di castagne, lui avrebbe risposto –sì, mi raccomando, comprami la farina di castagne.
E così lei ogni volta che andava al supermercato prendeva tutto quello che a lui serviva: orzo solubile, Krumiri, broccoli…e naturalmente, farina di castagne.
Un venerdì come tutti gli altri uscì dall’Esselunga con le borse della spesa nella mano sinistra e la chiave della machina nella mano destra, i capelli leggermente spettinati e la sensazione di aver dimenticato qualcosa. Dopo essere salita in macchina osservò per un momento la confezione dell’orzo solubile che si vedeva in trasparenza dalla plastica della busta, notò che anche se la marca era la stessa, era cambiata l’etichetta. Ora era rossa e marrone e c’erano una tazza e una spiga sotto la scritta. Poi mise in moto e accese l’autoradio e siccome il tragitto era abbastanza corto le capitò d’ascoltare solo una canzone di Gino Paoli di cui in quel momento non ricordava il titolo che faceva –Quando ti ho vista arrivare bella così come sei non mi sembrava possibile che, tra tanta gente che tu ti accorgessi di me …. Parcheggiò davanti al vialetto, aprì lo sportello, scese, scaricò le borse di plastica e lo richiuse. I tralicci friggevano, era inverno e canticchiava solo un uccellino. Attraversò il vialetto, infilò la chiave nella serratura e sentì l’odore di minestra. Solo l’odore di minestra. Salì a corsa una rampa di scale e mezzo e a sei scalini dal pianerottolo si fermò di colpo. La faccia seria, gli occhi aperti, le borse quasi sollevate, un perfetto fermo immagine. Non sentì la voce di Luca Giurato, e neanche il gingle di qualche pubblicità. Non sentì nulla. I tralicci della corrente smisero di friggere. L’uccellino era volato via senza fare rumore. Passarono un paio di macchine nel frattempo e neanche quelle fecero rumore. Non sentiva il suo respiro affannoso, non sentiva i passi della vecchietta del piano di sopra che apparecchiava la tavola, non sentiva la suoneria del suo telefono che stava squillando, non sentiva i singhiozzi di qualcuno lontano, molto lontano da lì, non sentì neppure suonare le campane. Eppure erano le dieci, e alle dieci suonano sempre le campane, dappertutto. Guardò la porta, guardò i sei scalini che mancavano al pianerottolo, guardò le sue scarpe, Lacoste nere, di pelle. In silenzio si voltò, in silenzio e molto lentamente, molto lentamente, quasi al rallentatore scese le scale, in silenzio salì in macchina, non accese l’autoradio, guidò fino a casa, in silenzio disfece le borse della spesa, in silenzio si accorse che aveva dimenticato la farina di castagne. In silenzio, gli chiese scusa. E per non fare rumore, non pianse.

Nessun commento:

Posta un commento