sabato 16 gennaio 2010

Dormiamo

L. –dormi?
A. -no
L. –a cosa pensi ?
A. –tu? A cosa pensi?
L. –te l’ho chiesto prima io.
A. silenzio
L. –io pensavo all’Inquisizione, ai roghi, alle torture medievali…
A. -ah
L. –e poi pensavo a quelle ragazze che nell’800 si innamoravano e poi le costringevano a farsi suore e magari il tipo di cui erano innamorate lo facevano sposare alla sorella…
A. –io pensavo che si sta bene anche se fuori è freddissimo
L. –e poi pensavo ai macchinari per le torture, tipo quelle macchine per schiacciare le teste…e alle sedie elettriche, e all’elettroshock, e pensavo che qualcuno li ha costruiti, qualcuno ci accompagnava la gente, qualcuno ce la sistemava.
A. –hai freddo?
L. –e poi pensavo a quanta fantasia, quanta creatività c’è voluta per inventare delle cose tipo infilare la testa della gente in una gabbia piena di topi…
A. –vuoi una tisana?
L. –no, grazie. Poi, sai cosa pensavo? Pensavo che cazzo, questi erano umani, come noi, e poi dopo aver infilato un palo di legno nel culo a qualche eretico andavano alla locanda a bere un buon bicchiere di vino, oppure questi psichiatri che negli anni 70 friggevano i cervelli dei matti e anche della gente normale con l’elettroshok, poi se ne andavano a prendere i figli a scuola o all’esselunga a fare la spesa ma una cosa del genere l’ha già pensata Annah Harendt…
A. –Ma lo sai che...? No, niente.
L. –ma secondo te negli anni 70 c’era già l’esselunga?
A. –la coop di sicuro.
L. –ma l’esselunga?
A. –…questa cosa dei pali nel culo non me la dovevi dire.
L. –dai, dormiamo.
A. silenzio
L. –‘notte amore
A silenzio
L. –ah, un’altra cosa. Ma dormi?
A. -no
L. –vorrei sognare Alda Merini stanotte.
A silenzio
L. ora dormiamo, davvero.

venerdì 15 gennaio 2010

Silenzio

Tutti i venerdì mattina andava a fare la spesa per lui. Orzo solubile, Krumiri, broccoli, farina di castagne, un panino al latte, miele, citrosodina, acqua di rose e vino rosso da tavola. Più o meno sempre le stesse cose. Parcheggiava la macchina sotto casa sua, una palazzina costruita negli anni ’80 dietro alla centrale elettrica e vicino al mare. Apriva lo sportello, scendeva, scaricava le borse di plastica e lo richiudeva mentre i tralicci della corrente friggevano e qualche uccellino ancora vivo cantava. Dopo aver attraversato i cinque metri di vialetto di mattoncini infilava la chiave nella serratura del portone e aprendolo sentiva l’odore di minestra della vecchietta del secondo piano e la voce di Luca Giurato a tutto volume, un volume talmente alto come solo le persone quasi sorde possono sopportare. E lui era quasi sordo, aveva 88 anni ed era quasi solo al mondo, tutte le mattine guardava Uno Mattina e le giornate non passavano mai ma il venerdì era un giorno felice, perché lei arrivava verso le 10 con le borse della spesa, preparava una tazza di carcadè e si sedeva sulla sua poltrona a dondolo a sorseggiarlo. Il dialogo tra loro era più o meno come la spesa, sempre uguale. –come stai? –eh? –come stai? –ah, bene, si va avanti… -hai bisogno che ti prenda qualcosa di particolare al supermercato o in farmacia? –come? –dicevo,… hai bisogno di qualcosa in particolare? –sì … -di cosa? –la farina di castagne, mi servirebbe la farina di castagne.
La dispensa era piena di farina di castagne, ma anche se gli avesse detto –guarda, che la dispensa è piena di farina di castagne, lui avrebbe risposto –sì, mi raccomando, comprami la farina di castagne.
E così lei ogni volta che andava al supermercato prendeva tutto quello che a lui serviva: orzo solubile, Krumiri, broccoli…e naturalmente, farina di castagne.
Un venerdì come tutti gli altri uscì dall’Esselunga con le borse della spesa nella mano sinistra e la chiave della machina nella mano destra, i capelli leggermente spettinati e la sensazione di aver dimenticato qualcosa. Dopo essere salita in macchina osservò per un momento la confezione dell’orzo solubile che si vedeva in trasparenza dalla plastica della busta, notò che anche se la marca era la stessa, era cambiata l’etichetta. Ora era rossa e marrone e c’erano una tazza e una spiga sotto la scritta. Poi mise in moto e accese l’autoradio e siccome il tragitto era abbastanza corto le capitò d’ascoltare solo una canzone di Gino Paoli di cui in quel momento non ricordava il titolo che faceva –Quando ti ho vista arrivare bella così come sei non mi sembrava possibile che, tra tanta gente che tu ti accorgessi di me …. Parcheggiò davanti al vialetto, aprì lo sportello, scese, scaricò le borse di plastica e lo richiuse. I tralicci friggevano, era inverno e canticchiava solo un uccellino. Attraversò il vialetto, infilò la chiave nella serratura e sentì l’odore di minestra. Solo l’odore di minestra. Salì a corsa una rampa di scale e mezzo e a sei scalini dal pianerottolo si fermò di colpo. La faccia seria, gli occhi aperti, le borse quasi sollevate, un perfetto fermo immagine. Non sentì la voce di Luca Giurato, e neanche il gingle di qualche pubblicità. Non sentì nulla. I tralicci della corrente smisero di friggere. L’uccellino era volato via senza fare rumore. Passarono un paio di macchine nel frattempo e neanche quelle fecero rumore. Non sentiva il suo respiro affannoso, non sentiva i passi della vecchietta del piano di sopra che apparecchiava la tavola, non sentiva la suoneria del suo telefono che stava squillando, non sentiva i singhiozzi di qualcuno lontano, molto lontano da lì, non sentì neppure suonare le campane. Eppure erano le dieci, e alle dieci suonano sempre le campane, dappertutto. Guardò la porta, guardò i sei scalini che mancavano al pianerottolo, guardò le sue scarpe, Lacoste nere, di pelle. In silenzio si voltò, in silenzio e molto lentamente, molto lentamente, quasi al rallentatore scese le scale, in silenzio salì in macchina, non accese l’autoradio, guidò fino a casa, in silenzio disfece le borse della spesa, in silenzio si accorse che aveva dimenticato la farina di castagne. In silenzio, gli chiese scusa. E per non fare rumore, non pianse.

giovedì 14 gennaio 2010

Facciamo ancora finta di nulla

Ho visto uomini vestiti con tute arancioni e sacchi neri coprire le loro facce. Ho visto schiene negre piegate tutte uguali tutte uguali. Ho visto schiene piegate. E sudate.
Ho visto alla televisione che arrivavano via mare. Erano parecchi sudici e magri. Arrivavano via mare annunciati da una giornalista con i capelli lisci biondi e sicuramente profumati. Con il rossetto e molto scollata. Arrivavano con il peschereccio di Capitan Findus. Ho visto questi negri che arrivavano nei nostri stabilimenti balneari convinti che una crostatina del mulino sarebbe toccata anche a loro. O un cono bigusto. Uno yogurt magro. E poi c’era la marmotta che confezionava la cioccolata e ad un certo punto hanno sparato tutti e la giornalista parlava con un tono surreale sbattendo gli occhi con quelle ciglia lunghe e poi hanno mandato un servizio sul caffè che iniziava così: uno studio americano rivela che.
Ed in realtà io continuavo a pensare che anche oggi il telefono non ha squillato. E lui dove sarà. E ho ancora un manuale intero da studiare. E devo fare benzina che sono in riserva da tre giorni e mia nonna mi ha dato 50 euro però ci devo anche ricaricare il telefono. Ma non squilla. Forse ha frainteso. Io avevo gli occhi chiusi e piangevo e lui mi ha baciata e non capiva e io ho continuato a piangere e lui ha continuato a non capire.

Facciamo ancora finta di nulla. Facciamo ancora finta di nulla. Facciamo ancora finta di nulla. Facciamo ancora finta di nulla. Facciamo ancora finta di nulla. Facciamo ancora finta di nulla. Facciamo ancora finta di nulla. Facciamo ancora finta di nulla. Facciamo ancora finta di nulla. Facciamo ancora finta di nulla. Facciamo ancora finta di nulla. Facciamo ancora finta di nulla. Facciamo ancora finta di nulla. Facciamo ancora finta di nulla. Facciamo ancora finta di nulla. Facciamo ancora finta di nulla. Facciamo ancora finta di nulla. Facciamo ancora finta di nulla. Facciamo ancora finta di nulla. Facciamo ancora finta di nulla.

venerdì 8 gennaio 2010

sabato 2 gennaio 2010

Definire è limtare

Firenze è più vuota, più nera e più calda del previsto stasera.
Ma trovo lo stesso uno spiraglio d'aria, sebbene breve e inefficace.
E trovo lo stesso un modo per abitare questa casa deserta.
E trovo lo stesso un motivo per essere certa di essere felice.
Felice a tutti i costi.
Si erano innamorati una sera di giugno che l'aria era calda così come ora.
Si erano innamorati per sbaglio e con le facce perplesse.
Si erano innamorati ma forse no, avevano letto le istruzioni sbadatamente.
Si erano detti parole difficilmente ritrattabili, quando sarebbero bastati gli occhi.
Si amarono su un divano di pelle in un appartamento affollato.
Si amarono di nascosto sul marciapiede
di una città che non conoscevano e che non riuscirono neanche a scoprire insieme.
Lui regalò a lei un quadratino celeste staccato dalle pareti di un bagno pubblico.
Ogni tanto pensavano le stesse cose.
Ogni tanto emanavano lo stesso cattivo odore.
Si erano innamorati con le magliette a maniche corte
-ma anche quell'anno doveva arrivare l'inverno.
Arrivò la prima pioggia e li colse impreparati. Arrivarono le notti
sotto zero e la mattina le pozzanghere erano ghiacciate.
Ghiacciate, dure. E scivolose.
Ora si potrebbe anche piangere un po',
ma in questo paese di merda non si piange, anzi non si piange più.
Si lasciarono una sera d'estate che
l'aria era calda così come ora.
Si lasciarono sconfitti e col groppo alla gola.
Lei lo guardò allontanarsi che il sole era tramontato da poco.
Con una camicia bianca. A piedi. Con passo lento. Come per dire
-forse siamo ancora in tempo. Invece no.
E tornò l'inverno di nuovo a surgelare tutte le parole.
I piccioni viaggiatori non arrivavano mai a destinazione.
A Natale c'era la luminara a Firenze. Si andava in centro con la sciarpa.
Le mani facevano male dal freddo. Vino rosso in piazza S.Croce e piste ciclabili.
Piste ciclabili del cazzo. Ciclabili per finta.
Qualche volta di notte lei si sognava lui.
Lui da solo. Lui felice. Lui stanco. Lui arrogante. Lui di un'altra.
E sorrideva. Sempre sorrideva.
Più di una volta aveva ammesso di volergli bene.
Si ritrovarono per caso una sera di marzo che faceva freschino, ma non tanto.
Si ritrovarono per sbaglio e con le facce perplesse.
Si ritrovarono a intuito, senza leggere le istruzioni.

Fa così caldo stasera e io non ho ancora deciso se guardare un film o dormire,
se fare una doccia o una risata, se votare o no alle amministrative,
se dare un nome ai sentimenti,
o semplicemente viverli.


[definire è limitare è una frase di O.Wilde]

venerdì 1 gennaio 2010

Virus

L'anno inizia con una lunghissima scansione antivirus su di me.
C'è un altissimo numero di file infetti. Mi devo formattare.