sabato 2 ottobre 2010

Questo arrendersi


Credo dipenda dall'aria che respiriamo, che quando fa le libecciate ci facciamo l'aerosol di mercurio. Credo dipenda da come ci nutriamo, io che ti preparo una cenetta, noi che nella catena alimentare siamo quelli più fortunati perché non ci mangia nessuno e ci sembra di essere invincibili, immortali, di essere resistenti come i vetri antisfondamento, ma meno trasparenti. Credo dipenda dai colori, tutta la gamma dei grigi dei marroncini e dei verdolini, l'antracite dei parcheggi quando piove, i sedili dei regionali, gli sputi sui marciapiedi, i marciapiedi stretti, i marciapiedi con le mattonelline piccole quadrate, i marciapiedi lisci (il grigio è il colore complementare di se stesso) Credo dipenda dalla luce, dai neon, dalle insegne dei parrucchieri che non vanno mai in pensione, dai fari delle macchine che vanno piano, dai lampioni della 206, dalle luci delle gallerie che ogni volta che ci passo mi sembra di rivivere una vita precedente, prendere un acido e vedere queste luci della galleria che diventano stelle comete, i lumini dei cimiteri, i luna park. Credo dipenda dalle panchine, dal cromo esavalente, dai contenitori per la raccolta delle pile scariche che non si trovano più, dall'assessorato alle politiche giovanili, dai gingle inventati da qualche neolaureato psicologo del lavoro, dalle vetrine di Gucci, dalle feste di Cavalli. Però c'è un bene che mi sembra di averti voluto e poi la sensazione di essere ancora in tempo e soprattutto la voglia che avrei di ricevere in dono una foglia quando torni a casa e parcheggi un po' più lontano. E mentre cammini dalla macchina al portone pensando ai leghisti e alle ruote consumate delle biciclette vecchie usate degli studenti vedi questa foglia e pensi a me e pensi che sarebbe bello regalarmela e la prendi e me la regali per davvero. Credo dipenda dai gesti piccoli che non si fanno questo piegarsi sempre in avanti, questo arrendersi.

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