Non è una gara, no che non lo è, me lo sono pure tatuata sul braccio per ricordarmelo, eppure ho l'impressione di perdere sempre. Se Banksy mi vedesse mi vergognerei tantissimo, sdraiata sul letto con delle frasi scarsamente interessanti da tradurre e l'ansia da prestazione per un esame che non c'entra un cazzo con la vita. Intanto le navi vengono assalite e le intercettazioni telefoniche stanno per essere fortemente limitate, meno male, così non sentiranno le cose stupidissime che ti dico quando mi chiami, tipo che i prodotti Fiorfiore coop hanno un ottimo rapporto qualità-prezzo, che l'autobus non arriva mai in orario, che ti voglio bene, che mi sento persa, che Bertolaso è un pezzo di merda, che mi piacerebbe andare a mangiare al giapponese stasera, che ho fatto un cd che credo non ti piacerà, che non ci sono più le mezze stagioni. E poi ci diciamo che sarebbe bello vedere il mare dalla mia finestra anche se siamo a Firenze. Che dovremmo avere più fiducia in noi. Porto fuori il cane, stanno uccidendo la Democrazia e altre frasi di circostanza. Vorrei poterti anche dire che ho fatto qualcosa di molto bello per te, ma ho solo lavato dei bicchieri che avevi lasciato nell'acquaio e ti ho lasciato un bigliettino con scritto "ci vediamo stasera". E vorrei poterti dire che hai lasciato la valigetta dei colori, delle tinte, delle seppie e delle terre, dei tramonti e delle città, dei vrum, dei vrap!, dei ti amo e quando te ne vai, delle auto ruggenti e delle gomme per cancellare su da me, per sentirmi in un fumetto di Pazienza, ma ti sei portato via tutto. Ascolto Lucio Dalla mentre aspetto che passi il caffè, guardo nel vuoto e mi vengono in mente titoli di giornale che non riesco a collegare alla realtà, come se fossero parole senza senso, slogan, come se non ci fosse più differenza fra Israele alla deriva, Suicidi in fabbrica e Scegli anche tu il made in Italy. Mi si accavallano nella testa la faccia di Umberto Bossi e quella di Naomi Campbell, le kefiah bianche e rosse e le mutande di pelle nera con le borchie di Giorgio Armani, o forse di Cavalli, chi lo sa, il sorriso a trentasei denti bianchi sbiancati da non so quale dentifricio e la faccia gonfia di Maradona. Niente di tutto questo mi sembra reale. E non so perchè invece mi sembrano reali gli occhiali insanguinati di John Lennon e penso a lui che muore in ospedale e alla faccia di Yoko, ai capelli di Yoko, alle mani di Yoko. Chissà com'era vestita quel giorno, di che colore aveva le scarpe. Io non voglio che tu muoia. Ora ti telefono e ti chiedo se sei vivo e mi basterà una qualsiasi risposta per piangere un po' dalla felicità, deglutire, chiedermi se ho la coscienza apposto e rispondermi comunque di sì, sorridere con gli occhi tristi e tornare a tradurre frasi dalla dubbia utilità. Questo è fare del mio meglio, per ora e qui. Neruda confessa che ha vissuto. Io ci sto provando.
lunedì 7 giugno 2010
Neruda confessa che ha vissuto.
Non è una gara, no che non lo è, me lo sono pure tatuata sul braccio per ricordarmelo, eppure ho l'impressione di perdere sempre. Se Banksy mi vedesse mi vergognerei tantissimo, sdraiata sul letto con delle frasi scarsamente interessanti da tradurre e l'ansia da prestazione per un esame che non c'entra un cazzo con la vita. Intanto le navi vengono assalite e le intercettazioni telefoniche stanno per essere fortemente limitate, meno male, così non sentiranno le cose stupidissime che ti dico quando mi chiami, tipo che i prodotti Fiorfiore coop hanno un ottimo rapporto qualità-prezzo, che l'autobus non arriva mai in orario, che ti voglio bene, che mi sento persa, che Bertolaso è un pezzo di merda, che mi piacerebbe andare a mangiare al giapponese stasera, che ho fatto un cd che credo non ti piacerà, che non ci sono più le mezze stagioni. E poi ci diciamo che sarebbe bello vedere il mare dalla mia finestra anche se siamo a Firenze. Che dovremmo avere più fiducia in noi. Porto fuori il cane, stanno uccidendo la Democrazia e altre frasi di circostanza. Vorrei poterti anche dire che ho fatto qualcosa di molto bello per te, ma ho solo lavato dei bicchieri che avevi lasciato nell'acquaio e ti ho lasciato un bigliettino con scritto "ci vediamo stasera". E vorrei poterti dire che hai lasciato la valigetta dei colori, delle tinte, delle seppie e delle terre, dei tramonti e delle città, dei vrum, dei vrap!, dei ti amo e quando te ne vai, delle auto ruggenti e delle gomme per cancellare su da me, per sentirmi in un fumetto di Pazienza, ma ti sei portato via tutto. Ascolto Lucio Dalla mentre aspetto che passi il caffè, guardo nel vuoto e mi vengono in mente titoli di giornale che non riesco a collegare alla realtà, come se fossero parole senza senso, slogan, come se non ci fosse più differenza fra Israele alla deriva, Suicidi in fabbrica e Scegli anche tu il made in Italy. Mi si accavallano nella testa la faccia di Umberto Bossi e quella di Naomi Campbell, le kefiah bianche e rosse e le mutande di pelle nera con le borchie di Giorgio Armani, o forse di Cavalli, chi lo sa, il sorriso a trentasei denti bianchi sbiancati da non so quale dentifricio e la faccia gonfia di Maradona. Niente di tutto questo mi sembra reale. E non so perchè invece mi sembrano reali gli occhiali insanguinati di John Lennon e penso a lui che muore in ospedale e alla faccia di Yoko, ai capelli di Yoko, alle mani di Yoko. Chissà com'era vestita quel giorno, di che colore aveva le scarpe. Io non voglio che tu muoia. Ora ti telefono e ti chiedo se sei vivo e mi basterà una qualsiasi risposta per piangere un po' dalla felicità, deglutire, chiedermi se ho la coscienza apposto e rispondermi comunque di sì, sorridere con gli occhi tristi e tornare a tradurre frasi dalla dubbia utilità. Questo è fare del mio meglio, per ora e qui. Neruda confessa che ha vissuto. Io ci sto provando.
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